martedì 19 aprile 2011

Volare alto, volare oltre

La legalità si impara e si pratica con piccoli gesti quotidiani. Giorno dopo giorno possiamo contribuire attivamente alla costruzione di un ambiente sociale più rispettoso dei diritti dei singoli e del bene comune. E’ quello che hanno cercato di dimostrare i nostri alunni prendendo spunto dalla loro realtà.
Ringraziamo la Polizia di Stato per averci stimolato a creare questo angolo di riflessione, di comunicazione e di condivisione.
L’Allievo Agente Leopoldo Montini si congeda, con l’auspicio che la collaborazione tra le istituzioni rafforzi, nei cittadini di domani, l’ambizione di migliorare il mondo in cui vivono e la voglia di volare alto.


Caro amico ti scrivo...

Martina C. e Martina G. hanno scritto due lettere indirizzate ad immaginari amici tossicodipendenti.
Dalla finzione di questi testi irrompe la drammaticità della quotidianità, ricostruita con sensibilità e coinvolgimento emotivo.


Caro Marco,
ho pensato di scriverti questa lettera per parlare un po’della nostra vita, dato che solo ieri, dopo tanti anni, ci siamo incontrati, senza un appuntamento, al bar vicino a casa mia.
Ho notato subito che eri diverso: avevi la facci pallida e ti ho chiesto un po’ della tua famiglia, della scuola. Non dovevi prendertela, ti chiedo scusa: dopo averti fatto questa semplice domanda sei scoppiato a piangere e mi hai detto:«Martina, ho bisogno di aiuto, non riesco ad uscire da questo buco nero. Ho paura. Ti prego, aiutami».
Io avevo capito che qualcosa non andava bene, ma mai avrei pensato a una cosa così grave. Noi siamo stati amici da quando avevamo meno di quattro anni e abbiamo frequentato la scuola dell’infanzia e quella primaria insieme. Sempre uniti.
Ti ricordi quel giorno? Un calda e afosa mattina del quindici  agosto andammo a fare un pic – nic in montagna. A noi piaceva tanto. Ricordi quell’uccellino giallo? Lo trovammo solo, su un grandissimo albero, senza una famiglia. Dopo averlo osservato per bene, vidi che aveva una zampa fratturata e mi misi a piangere. In quel momento ti comportasti da vero cavaliere: prendesti un fazzoletto profumato, di cui ricordo ancora la fragranza, vaniglia, e mi asciugasti le lacrime. Velocemente chiamasti mio padre, che è infermiere, e gli spiegasti il problema. Dopo circa un’ora il mio papà fece una medicazione perfetta. Per tutto il giorno giocammo con l’uccellino insieme al tuo splendido cane, Spontago. La sera accendemmo il fuoco e dormimmo nella tenda. Ricordi bellissimi, ma lontani, offuscati da quello che mi hai detto.
Mi hai confessato di aver cominciato a fare uso di sostanze stupefacenti un anno fa. Naturalmente io ti ho chiesto perché avevi fatto questa scelta e tu mi hai risposto: «Io non ho più una famiglia. I miei genitori hanno divorziato da più di un anno. Quando l’ho saputo nel mio cuore si è aperta una ferita che non riuscivo a guarire e allora, come medicina, ho iniziato ad utilizzare la droga, ero troppo fragile, debole, sono stato un ingenuo. Anche dopo il divorzio, i litigi tra i miei genitori continuavano, ed io mi sentivo la causa di tutto ciò che stava accadendo, con la droga mi sentivo meglio e continuavo a farne uso».
Dopo aver ascoltato il tuo discorso, non avevo più parole perché mi ero immedesimata in te e ora ho capito che cosa vuol dire sentirsi soli, senza un famiglia. Sinceramente, non so che cosa avrei potuto fare al tuo posto, ma sicuramente non una cosa simile, perché io penso che con la droga mi sentirei più sola. Ma ora, Marco, devi pensare al futuro: tutti fanno degli errori nella vita, tu puoi rimediare. Per prima cosa devi credere in te stesso e non colpevolizzarti per il divorzio dei tuoi genitori. So che sei forte abbastanza per superare ogni tipo di ostacolo, anche il più grande. Pentendoti di quello che hai fatto hai compiuto il primo passo, ora devi andare avanti: non devi più utilizzare quelle sostanze che ti rovinano la vita senza che tu te ne accorga.
Ricordati che io ti sarò sempre vicina e quando avrai bisogno, basterà che tu faccia uno squillo e io sarò da te. Se vuoi possiamo vederci anche domani, per iniziare la nostra partita contro la droga.
Con affetto.
                                                                                                                                                    Martina G.

P.S. Ci vediamo al bar vicino casa mia.


Cara Sara,
è tanto tempo che non ci sentiamo. Come stai? In questi giorni casualmente mi sono tornati in mente i bei momenti passati insieme quando eravamo bambine. Ne abbiamo combinati di guai! Ricordi il capodanno del 2001? Io si. Indimenticabile. Quella notte eravamo a casa dei tuoi nonni. Tua madre a mezzanotte ha stappato lo spumante e ha iniziato a sparare i botti. Io e te, da vere monelle, per vedere che effetto facevano sulla pelle, abbiamo preso il tuo cane Bobby e l’abbiamo messo vicino alle girandole che fanno scintille. Che fine ha fatto il cane? Beh, si è ustionato! Aveva tutto il pelo bruciato e la notte stessa l’hanno portato dal veterinario. Povero Bobby. Dopo questo capodanno non ce ne sono stati altri passati insieme perché tu sei partita. Non ci siamo più sentite da quel giorno.
Solo ieri, casualmente, un signora mi ha parlato di te e mi ha detto delle cose alle quali, in un primo momento, non ho creduto, ma, quando l’ho riconosciuta e ho capito che era tua nonna, sono rimasta impietrita nel sentirle dire che voleva un aiuto da parte mia per convincerti a cambiare rotta. Tua nonna mi ha detto che fai uso di sostanze stupefacenti. Mi ha anche spiegato il motivo per cui hai iniziato: andavi male a scuola e ti sei lasciata trascinare dai tuoi nuovi amici. Perché l’hai fatto? Non riesco a convincermi che tu sia stata capace di perderti in un bicchier d’acqua. Io ho, purtroppo, anche un’altra amica tossicodipendente. Ogni volta che la guardo negli occhi, dopo che ha assunto sostanze stupefacenti, vedo le pupille dilatate e un velo scuro davanti alle palpebre, un velo che mi fa stringere il cuore. Frequenta centri per tossicodipendenti, anzi, ne ha frequentati tanti anche per molto tempo, ma tutte le volta che crede di essere pronta per iniziare una nuova vita, torna dal suo vecchio amore: l’eroina.
Ho sentito al telegiornale che è uscito dai laboratori un nuovo tipo di droga che si vende in bottiglie da mezzo litro e che, assunta con alcool, può essere letale. Mi è venuto in mente un paragone: se vai in un quartiere malfamato, povero, con una Ferrari, rossa, nuova fiammante, molto probabilmente te la rubano; se vai in discoteca e fai uso di queste sostanze, molto probabilmente ti rubano la vita. Tornando la discorso di prima, io sono sicura che anche i tuoi occhi, con quel velo davanti, vogliono chiedere aiuto.
Anch’io sono stata tentata di fare uso di questi stupefacenti, ma parlandone con i miei genitori ho trovato conforto e sono riuscita a evitare questa tentazione. Sono sicura che mentre prima vedevi il mondo tutto colorato, pieno di rose e viole, ora vedi davanti a te un baratro, vedi un mondo tutto nero, pieno di fulmini e saette e, durante questo temporale, incontri dei rifugi rappresentati da eroina, cocaina , ecstasy e via dicendo. Tua nonna mi ha anche parlato del tuo incidente. Una volta avevo sentito la notizia di una certa Sara che aveva rischiato la vita in auto dopo l’assunzione di stupefacenti. Inizialmente non avevo pensato che fossi tu, la mia amica d’infanzia, l’ho capito solo dal racconto di tua nonna. Ci sono rimasta proprio male: come hai potuto mettere in gioco la tua vita così?
Per aiutarti io proporrei di disintossicarti, ma la cosa più importante è che tu ricominci a credere in te stessa, inizi a convincerti che la droga non è l’unico rifugio e che davanti a te c’è una vita splendida e piena di colori  una Ferrari, rossa, che aspetta di essere guidata proprio da te. Se ti serve una persona con cui parlare, vieni a trovarmi. Io ci sono e ci sarò sempre per te, cara amica. Crescendo sono diventata sempre più ostile alla droga perché è solo un modo per mettere in gioco la propria vita e tentare il tutto per tutto, ma spesso è la morte a vincere e non voglio che ti succeda niente di male.
Ti abbraccio forte. Ti aspetto qui, nella tua città, insieme a tutti quelli che, come me, ti vogliono bene.
                                                                                                                                                   Martina C.

domenica 17 aprile 2011

E' solo un gioco. Giochiamo

Se ci facciamo prendere troppo la mano, tutto può creare una dipendenza, anche i videogiochi. Ce lo dimostrano Martina C. e Martina G. che commentano questo video trovato in You Tube.


I due protagonisti di questo spot, in maniera divertente ed efficace, ci fanno capire che l' uso smodato di videogiochi può generare aggressività: la voglia di vincere a tutti i costi spinge a diventare scorretti, perdendo il rispetto per l’avversario.
Una cosa che ci ha molto colpito è che i personaggi si fanno coinvolgere sempre più dalla partita, perdendo il contatto con ciò che li circonda e trasformando il virtuale in reale. Un’occasione di svago e condivisione si trasforma in questo modo in  motivo di contrasto e in manifestazione di scorrettezza.
Il gioco è divertimento, non roviniamolo prendendolo troppo sul serio, diamogli la giusta importanza senza perdere il contatto con la realtà.